Ho vissuto vicino a Caracas nel 1997 e aprivo gli occhi al mattino come guardando un film a colori, con le colonne sonore travolgenti e una sensazione di leggerezza. Anche se già si avvertiva lo spettro dell’insicurezza.
Il tracollo non è stato improvviso ma subdolo, temuto ma sottovalutato.
Una inondazione, come un presagio nefasto, spazzò via una collina intera nel 1999, deturpando la bellissima fazenda del Golf Club dove si cenava come in un film d’altri tempi, guardando il mare in lontananza col sottofondo del frinire delle cicale. Un sueño.
Chi è stato a Los Roques?
La prima volta che le ho visitate nel 1986, erano praticamente disabitate, se non considero le tre casupole dei pescatori che ci hanno visto atterrare… sulla sabbia! (E’ stato necessario ottenere un permesso per poter visitare questo Parco naturale protetto.)
Niente a che vedere con l’Isla Margarita o le Antille Olandesi avviatissime già allora.
Solo spiagge selvagge i cormorani che si tuffavano tra le barche (6 in tutto) e noi che bevevamo un Papelón con limón ascoltando l’arpeggio di una chitarra al tramonto. Tre giorni scalzi, ospitati con gioia da colei che sarebbe diventata vent’anni dopo la coordinatrice responsabile di tutte le posade (più di 100) costruite e restaurate. Un’amica.
Ecco com’era e come spero tornerà ad essere il Venezuela. Mantenendo la sua identità, i suoi colori, le sua mentalità, anche se non sempre in sintonia con i ritmi occidentali.
Oggi si fanno file di cinque ore per comprare beni di prima necessità. In preda alla crisi economica e all’aumento a più zeri del costo della vita, povertà, violenza e inflazione lo hanno messo in ginocchio. Eppure, chi lo ha visitato sa che è come una tela preziosa, come un Van Gogh ora imbrattato da vandali, un tesoro che tornerà alla luce.
Vado… a presto.